Priorità alla gerarchia di diagnosi: punto di partenza, la lettura del quadro fessurativo

 
Lucia Rosaria Mecca Ingenio

Un corretto piano di indagine parte da un’analisi preliminare di inquadramento, tutt’altro che scontata ed essenziale per l’individuazione della gravità dei danni che caratterizzano il fabbricato.

Serve una svolta normativa che scinda una volta per tutte le costruzioni esistenti da quelle di nuova progettazione, svincolando il concetto di prestazionalità e calandola effettivamente sul caso reale e non su una mera modellazione numerica, talvolta fine a sé stessa. Una fessura o un generico danno con percorso identico possono avere una diversa natura che comporta una differente soglia di attenzione e fruibilità degli spazi.

Norme Tecniche devono calarsi nella realtà del costruito esistente

Il tema delle costruzioni esistenti in Italia si è ormai posto al centro del dibattito tecnico e politico con tutta la sua complessità. Negli ultimi anni più volte lo abbiamo anche subito per i suoi aspetti dirompenti, che hanno fatto assumere alla messa in sicurezza delle strutture ed infrastrutture esistenti connotazione emergenziale. 

Ciò ha messo in grande risalto l’importanza della gestione del patrimonio edilizio ed infrastrutturale e l’agenda programmatica del Governo ha previsto numerosi piani di finanziamento dedicati alla gestione delle costruzioni esistenti. 

Sono state avviate importanti attività di censimento dello stato delle opere civili. Molte di queste sono state catalogate in funzione delle destinazioni, dell’importanza del bene, delle caratteristiche costruttive, del livello di danno.

Un lavoro di ricognizione che ha tentato di colmare anni di difficile gestione e di scarse risorse destinate ai lavori di manutenzione e che ha richiesto l’operato di molti tecnici impegnati ad interpretare lo stato di salute delle costruzioni. Ed è proprio a proposito dei criteri di definizione dello stato di salute del bene che è il caso di fare alcune considerazioni. Occorrono protocolli adeguati, i quali validino tecniche consolidate già nelle disponibilità della comunità tecnico scientifica.

Campagna di ispezione visiva di travi a cassone

Fig 1 . Campagna di ispezione visiva di travi a cassone. Lucia Rosaria Mecca

Nonostante l’ingegneria costituisca la disciplina più incline allo studio dell’ottimizzazione di strumenti e di metodi applicativi delle attività umane, il settore delle costruzioni non ha sviluppato protocolli completi ed esaustivi per la valutazione dello stato dei manufatti. 

Tutte le procedure che noi applichiamo sono procedure prese in prestito da altri settori tecnologici ed “adattate” al campo delle costruzioni. Ciò comporta che i dati che noi deduciamo, seppure corretti nell’ambito della specifica valutazione, ci trasferiscono risultati parziali che limitano l’interpretazione del comportamento della costruzione nella sua complessità. Un problema di non poco conto perché, sia quando sottovalutiamo lo stato di salute di un bene sia quando lo sopravvalutiamo, ci esponiamo ad inaccettabili conseguenze sul piano economico e sociale.

Prove di rilascio per misurazione dello stato tensionale di una trave in precompresso

Fig 2. Prove di rilascio per misurazione dello stato tensionale di una trave in precompresso. INDAGINI STRUTTURALI srl-MECCAINGEGNERIA srl.

La stessa circolare n.633 STC di dicembre 2019, pur avviando un ciclo di svolta nell’approccio al costruito avutosi grazie all’attento esame da parte delle strutture ministeriali che hanno raccolto il punto di vista delle varie associazioni professionali, opera in un contesto monco che frena l’ammodernamento dei piani di gestione in sicurezza delle nostre strutture ed infrastrutture. 

Endoscopia in trave in c.a.p.

Fig 3. Endoscopia in trave in c.a.p. Foto Ing. Stefano Brandusio-MECCAINGEGNERIA srl

Carattere prestazionale per l’esistente: come raggiungerlo? Le difficoltà operative

La Normativa Tecnica ha introdotto l’approccio prestazionale in luogo del prescrittivo da oltre un decennio, compiendo un importante passaggio che occorre far confluire in una vera riforma della regolamentazione del costruito. Dobbiamo avere il coraggio, ora, di completare il processo avviato dalla più importante modifica normativa adottata negli ultimi anni. 

Ciò non si può compiere semplicemente con l’ennesimo aggiornamento normativo: un aggiornamento delle Norme Tecniche che non comporti riforma del settore si traduce per noi professionisti e per tutta la catena delle costruzioni in un farraginoso appesantimento delle procedure che non sempre significano un miglioramento delle garanzie di prestazioni del bene. 

In questi anni la progettazione strutturale è molto assorbita da interventi per la riabilitazione dei manufatti, sia per adattarli alle nuove concezioni urbane, sia per ridurre le condizioni di rischio legate ai danni occasionali o a quelli per usura e per invecchiamento. 

La complicanza che più riscontriamo in questa fase è quella di dover applicare una impostazione normativa che si adatta bene alla progettazione delle nuove strutture. Se invece ci stiamo occupando di una riabilitazione strutturale, questa appare addirittura forzata in molti passaggi, portandoci ad inseguire un risultato puramente analitico e privo di solide basi osservazionali. 

Priorità alla gerarchia di diagnosi: partiamo dall'indagine visiva del quadro fessurativo

La completa conoscenza del bene sul quale operiamo è presupposto imprescindibile delle successive fasi di progetto. A tale riguardo appare stridente “prescrivere” procedure per la conoscenza del bene quando potremmo invece misurare sperimentalmente i dati di interesse ponendoci in coerenza con l’impostazione prestazionale adottata un decennio addietro dalla Normativa Tecnica. 

Tutti noi del settore sappiamo bene che la conoscenza di una struttura è una attività molto complessa, la cui accuratezza non è in precisa corrispondenza con la distribuzione o con il numero delle indagini svolte. Ciò anche a dispetto di specifiche indicazioni normative destinate all’inquadramento delle strutture esistenti mediante l’attribuzione dei Livelli di Conoscenza o dei Fattori di confidenza, o ancora, dei più vari e disparati coefficienti usati per la catalogazione generica del danno.  

Poiché non è l’entità dell’indagine svolta a rivelarsi effettivamente influente nel percorso conoscitivo, l’adozione di un approccio “prescrittivo” per redigere i piani di indagine non è corretta: occorre seguire un approccio prestazionale, basando la costruzione del modello strutturale su dati osservazionali

È possibile, inoltre, adottare una impostazione semplificata costruendo il piano di indagine strumentale secondo una gerarchia di diagnosi che rende l’indagine significativa

Vale la pena precisare a riguardo che una modellazione semplificata, costruita su base osservazionale e non analitica, non approssima il modello strutturale, nonostante lo renda più leggero e gestibile.  

L’analisi più importante a cui sottoporre la struttura è sempre quella preliminare di tipo visivo. Condotta in modo sapiente e da tecnici esperti, l’indagine visiva è in grado di far cogliere gran parte delle caratteristiche peculiari dell’organismo strutturale.

La finalità di una simile indagine, una volta identificata la tipologia costruttiva adottata, è la redazione di una preliminare catalogazione di tutti i segni più salienti che la struttura manifesta. Questi possono emergere da disposizioni statiche impegnative, quadri fessurativi su zone nevralgiche, deformazioni o perdite di planarità, degradi materici. Anche segni apparentemente innocui sugli elementi non strutturali hanno notevole importanza, come l’alterazione dei colori delle finiture, macchie, presenza di muffe, efflorescenze.

Fessurazione interna al corpo del pulvino creatasi per getto massivo

Fig 4 . Fessurazione interna al corpo del pulvino creatasi per getto massivo.  Unico indizio di fessurazione è una macchia di ruggine con diposizione anomala.

Si tratta di informazioni che analizzate unitamente ai documenti progettuali eventualmente rinvenuti ed ai rilievi geometrici strutturali ed architettonici compongono l’anamnesi a cui far seguire un piano di indagine preliminare. 

Il piano di indagine preliminare (in genere meno invasivo e meno costoso del piano di indagine definitivo) consente di analizzare ed interpretare il significato delle “manifestazioni” raccolte indirizzando la diagnosi, che deve essere poi confermata dagli esiti delle analisi e delle prove in sito o in laboratorio previste dal piano di indagine definitivo.

A tale scopo sono stati sviluppati metodi di diagnostica per immagini che, combinando tra loro tecniche ibride, forniscono risultati fino a pochi anni fa insperati. Tali tecniche compongono, all’interno della stessa restituzione, il fedele modello geometrico, i dati chimico fisici relativi ai materiali ed agli agenti degradanti a cui sono esposti e gli spostamenti della corteccia d’involucro con precisioni ultramillesimali. 

Partendo dall’indagine a vista è poi possibile indirizzare il piano di indagine preliminare.

Lo si fa incrociando i dati dell’anamnesi con quelli dei segni raccolti e raggruppandoli nelle famiglie di manifestazioni, ognuna delle quali è generalmente associata ad una particolare causa che va poi indagata nello specifico. 

Tipo di patologia: fenomeno primario o secondario?

Se applichiamo il ragionamento sui casi concreti che maggiormente attraggono l’attenzione sia dei gestori degli immobili sia dei tecnici, come i quadri fessurativi, la prima classificazione che dobbiamo condurre è quella di porre il fenomeno in correlazione con la causa che lo ha determinato.

Una fessura, come ogni altro danno, in relazione alla causa che l’ha prodotta, può intendersi, ad esempio, di tipo primario o di tipo secondario.

Nel caso dei quadri fessurativi, definiremo la patologia di tipo primario se il segnale del danno è direttamente correlabile ad una anomalia meccanica che sia legata alla funzione statica principale dell’elemento.

Di tipo secondario se discende dalla catena di altri danni conseguenti a cause principali non meccaniche. Per far comprendere cosa si intende richiamiamo un caso classico che è quello della fessurazione dei pilastri per sollecitazione di compressione.

Il fenomeno di fessurazione che si genera in un pilastro in crisi statica appare come rappresentato in Figura 5. 

Schema sollecitazione di compressione

Fig 5. Immagine tratta da “Il degrado delle strutture in calcestruzzo armato” (Felitti-Mecca ed. 2018 Maggioli).

Le linee tratteggiate in blu sono le isostatiche di compressione in corrispondenza delle quali si instaurano le fessurazioni dell’elemento una volta che le massime tensioni di trazione (ortogonali ad esse) superino le tensioni resistenti. 

L’analisi del quadro fessurativo per un pilastro che manifesta una simile disposizione deve consentire la determinazione della gerarchia delle cause di danno. Se le fessure che si riscontrano sono di tipo primario il pilastro e senz’altro compromesso nella sua principale funzione statica e pertanto l’uso della struttura è da dismettere. Se invece l’anomalia può annoverarsi come fessurazione di tipo secondario (ad esempio: espulsione del copriferro per corrosione delle armature) i lavori di ripristino possono essere svolti in contemporanea all’uso della struttura. 

La gerarchia del danno deve indirizzare il piano di indagine calibrandolo in modo da far emergere in modo prioritario le anomalie capaci di portare in crisi la struttura. 

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